ei primi decenni del 1100 aveva fatto ritorno a Brescia, sua città natale, un certo Arnaldo, che era stato discepolo a Parigi del celebre Abelardo.
Pur non essendo monaco - aveva infatti
ricevuto solo i primi ordini minori - egli aveva
assorbito l'influenza, il pensiero e la morale del
grande filosofo. Ai bresciani, quindi, predicava la povertà e l'umiltà del clero, dando egli stesso l'esempio.
Le sue prediche pubbliche riscuotevano molto successo fra il popolo, che da tempo desiderava una riforma clericale, stanco dell'arroganza e degli sprechi di denaro da parte dei religiosi. Questi ultimi, al contrario, non trovavano certo gradite le parole di Arnaldo e vedevano in lui un nemico che si faceva di giorno in giorno sempre più pericoloso.
Le parole infuocate di quel bresciano erano tutte rivolte al clero corrotto a cui rinfacciava i feudi vescovili e le proprietà che prelati e cardinali avevano ricevuto in possesso. Si aggiunga che in quegli anni la Chiesa era divisa da uno scisma e che esistevano addirittura un papa e un antipapa; fatto che esasperava l'inconciliabilità delle diverse fazioni.
Col passare del tempo la tensione si accentuò: il popolo applaudiva e bramava la riforma del clero, e un bel giorno, sempre per istigazione di Arnaldo, si oppose all'autorità temporale del vescovo eleggendo consoli favorevoli alle riforme.
Il vescovo della città, Maifredo, sotto il cui feudo erano raccolti i tre quinti dell'intero territorio bresciano, chiese sostegno a nobili, preti e secolari, proclamandosi garante di tutti quei benefici che essi avevano ricevuto in cariche civili ed ecclesiastiche.
L'acredine tra il popolo e le classi dei potenti crebbe.
Ben presto tutta Brescia fu in armi: i nobili e i preti concubinari da una parte, i consoli e il popolo dall'altra.
Negli anni che seguirono si assistette a numerosi scontri, fino a giungere ai sanguinosi combattimenti del 1138-1139, che si rivelarono decisivi per la città, per il popolo e, soprattutto, per Arnaldo: la vittoria arrise ai nobili e i consoli vennero scacciati da Brescia. Il vescovo tentò infine di far condannare Arnaldo quale eretico, ma egli si rifugiò prima in svizzera e poi in Francia, dove continuò la lotta contro il clero.
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