orreva l'anno 1311 e Enrico VII di Lussemburgo, re di Germania, varcava le Alpi alla testa del suo esercito, al fine di piegare in breve tempo le città italiane della Lombardia e poter raggiungere così Roma, per l'incoronazione a imperatore.
Molti furono i Comuni, ghibellini e non, che
si mostrarono riverenti verso lo straniero aprendo le porte delle loro città.
Nella sua avanzata, Arrigo VII giunse in breve alle porte di Brescia e qui decise che si sarebbe posto quale paciere fra le due fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini, che dividevano la città. Ma il buon proposito si rivelò un vero inganno!
In realtà i capi guelfi, fra cui il capitano Tebaldo Brusato, vennero fatti prigionieri, mentre i ghibellini compivano scorrerie per le strade di Brescia, alla ricerca di clandestini e fuggiaschi. Arrigo, dopo aver posto a capo della città un suo uomo di fiducia, si diresse verso Cremona, città a lui favorevole.
Ben presto, però, i Guelfi scampati alla prigione si riorganizzarono, riuscendo anche a liberare i compagni.
Di nuovo libero, il Brusato organizzò gli uomini e diede battaglia ai Ghibellini, sconfiggendoli.
Intanto Enrico, giuntagli notizia a Cremona della rivolta, si dirigeva alla testa dei suoi uomini alla volta della città, per porre l'assedio. Ma il suo arrivo non mutò le sorti della battaglia: Brescia resisteva eroicamente, anzi contrattaccava.
Purtroppo, durante una sortita, il capitano Brusato e i suoi uomini vennero catturati e portati al campo nemico. Qui il re tedesco promise a Tebaldo salva la vita e gli offerse ricchezze e onori se egli avesse persuaso i suoi concittadini alla resa.
Di fronte a questa proposta il Brusato, indignato della richiesta di tradimento e incurante della propria vita, scrisse una lettera ai bresciani in cui li esortava a continuare la lotta.
La punizione dello straniero non si fece attendere. Enrico lo fece avvolgere in una pelle di bue e trascinare intorno alle mura
della città assediata, affinché tutti potessero vedere quale fine attendeva i rivoltosi; poi, non contento, gli fece tagliare la testa e squartare il busto, mettendo in mostra i poveri resti.
1 bresciani, furenti a quella vista, legarono e appesero alle mura i soldati tedeschi catturati nelle loro sortite, come risposta all'avvertimento del re tedesco.
Sei giorni dopo uscivano in sortita dalla città assediata e, piombando all'improvviso nel campo nemico, incendiavano, catturavano e uccidevano, senza alcuna pietà.
Tebaldo era così vendicato.
Ma la sorte di Brescia era ormai segnata.
L'imperatore, vedendo che nulla poteva il suo esercito contro quella fortezza, comandò ai legati pontifici, che erano giunti da Roma per condurlo all'incoronazione, di scomunicare la città. Questi si opposero, ma si adoperarono per condurre Brescia a una resa onorevole.
I bresciani, cui ormai iniziavano a mancare l'acqua e i generi di prima necessità, accettarono la resa, confidando nelle parole dei due cardinali. Ma Enrico violò le promesse e, abbattuto un tratto di mura, entrò nella città attraverso la breccia, permettendo che i suoi uomini compissero ogni atto di violenza e saccheggio.
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