' erano una volta, tanti anni fa, due famosi ladri, Toni e Bepi, che imperversavano nelle vallate del Bresciano.
Entrambi erano molto abili e inafferrabili, tanto che sul loro conto erano sorte diverse leggende.
Malgrado la loro popolarità, però, i due non
avevano mai avuto occasione d'incontrarsi, anzi non si conoscevano per niente!
Toni, soprattutto, era molto curioso di conoscere questo compagno di avventure, e aveva sparso la voce in giro, fra i vari conoscenti, che avrebbe avuto piacere d'incontrare il famoso Bepi.
Un giorno avvenne, per puro caso, che i due ladri si trovarono fianco a fianco in un'osteria.
Bepi, spinto più da deformazione professionale che da vero bisogno, rubò l'orologio a Toni.
Questi, quando se ne accorse, pensò: "Può essere stato solo Bepi! Solo lui sarebbe capace di rubare qualcosa a me! È proprio bravo!". E, a sua volta, gli rubò il portafoglio, senza che quello se ne accorgesse.
Quando venne il momento di pagare il conto, Bepi cercò il portafoglio invano e pensò: "È stato certamente Toni! Solo lui può rubare a me il portafoglio senza che io me ne accorga!".
Allora si voltò verso l'uomo che lo stava osservando sorridendo maliziosamente e gli disse: "Tu devi essere Toni". "Esatto" rispose quello.
"lo sono Bepi e da diverso tempo cerco di mettermi in contatto con te. Voglio proporti una società per fare un grosso colpo."
"Mi sta bene - rispose l'altro, - ne parleremo lungo la strada, ora andiamo."
S'incamminarono così per il sentiero discorrendo delle varie tecniche di rapina, finché non giunsero in città.
Qui, decisero di rubare il tesoro del re e, poiché il forziere
era ben sorvegliato dalle guardie, studiarono un piano ingegnoso. Infatti riuscirono nell'impresa, tanto che in tutta la città si sparse subito la voce dell'arrivo di Toni e Bepi, i famosi ladri. Intanto il re, che oltre allo stupore per la riuscita di una tale impresa provava anche una grande rabbia, decise di chiedere consiglio a un ladro che era stato arrestato poco tempo prima e che ancora era ospite delle prigioni reali.
Soffiavento, questo era il nome dello sventurato, venne così condotto al cospetto del monarca, che gli propose: "Se tu aiuterai le mie guardie a catturare Toni e Bepi, io ti renderò la libertà!".
Di fronte a una tale offerta, Soffiavento non poté rifiutare e rispose: "Non vi è dubbio che gli autori del furto siano stati Toni e Bepi: sono i più abili. Ma io ho un piano per catturarli: aumenta il prezzo del vino! Io mi travestirò da mendicante e in quella casa in cui mi daranno del vino come elemosina troveremo il loro rifugio. lo farò un segno rosso sulla loro porta e tu manderai i tuoi gendarmi ad arrestarli!".
E così fecero, ma Bepi se ne accorse e, appena il finto mendicante se ne andò, egli uscì di casa e si affrettò a tracciare tanti segni rossi sulle porte delle case, rendendo impossibile la cattura.
Soffiavento venne ricondotto dal re e questa volta propose: "Sicuramente torneranno per rubare altro denaro e noi li aspet-teremo, mettendo una grossa pentola contenente olio bollente davanti alla stanza del tesoro. I due arriveranno, non la vedranno e ci cascheranno dentro!".
Il re diede disposizioni, poi si mise ad aspettare in una sala vicina con le sue guardie.
Quella notte, infatti, Toni e Bepi tornarono al palazzo, perché avevano terminato i soldi: Toni camminava davanti al compagno e, non accorgendosi della pentola, vi cadde dentro e morì.
Il povero Bepi, benché addolorato, tagliò la testa al compagno, affinché non lo si potesse riconoscere, e scappò via.
Quando giunsero le guardie, trovarono quindi il cadavere ma senza testa.
Soffiavento disse al re: "Fai legare il cadavere a un cavallo e fallo trascinare per le vie della città: quando sentiremo piangere avremo trovato la casa dell'altro bandito!".
E così fecero. Infatti la moglie di Toni, quando vide il corpo del suo povero marito trascinato nella polvere, scoppiò in singhiozzi. Ma il furbo Bepi si mise a rompere piatti e bicchieri e gliele diede di santa ragione, cosicché le guardie, quado arrivarono, pensarono che la donna piangesse per una lite in famiglia!
Il re era esasperato! Chiamò ancora Soffiavento e gli chiese un altro consiglio; quello, dopo aver pensato, disse: "Organizza un ricevimento aperto a tutti gli abitanti della città; vedrai che
Bepi non resisterà a tale provocazione e vi parteciperà. Sicuramente ballerà solo con tua figlia: tu fagli tagliare un pezzetto di vestito, così lo riconoscerai!".
Come previsto, infatti, Bepi si presentò al ricevimento, sicuro di non essere riconosciuto, e si mise a ballare con la figlia del re.
Mentre volteggiavano nella sala da ballo, un valletto si avvicinò alla coppia e tagliò un lembo della giacca di Bepi. Ma, l'uomo, furbo, se ne accorse e si mise a tagliare i lembi delle
giacche di tutti gli invitati, mandando a monte l'ennesimo piano di Soffiavento.
Stanco dei continui fallimenti, il re decise di emettere un bando in cui offriva la libertà al ladro se fosse riuscito a rubargli le lenzuola mentre lui dormiva.
Scesa la sera, il re si coricò, non prima di aver appoggiato un
fucile al proprio letto.
Ma Bepi, che era diffidente per natura, preparò un fantoccio di paglia, lo vestì con i propri abiti, poi lo calò dal tetto davanti alla finestra del re. Questi, che attendeva sveglio, appena vide l'ombra dietro al vetro, prese il fucile e sparò. Poi si alzò dal letto per affacciarsi alla finestra e vedere il cadavere caduto a terra.
Ma, mentre il re era alla finestra, Bepi entrò nella stanza dalla
porta principale e rubò indisturbato le lenzuola.
Il giorno seguente, l'astuto ladro si presentò a palazzo e riconsegnò le lenzuola al re, il quale, colpito da tanta furbizia, gli concesse la grazia.
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