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Il
vasto edificio presenta un assetto architettonicamente
complesso, determinatosi in oltre tre secoli di adattamenti
e di trasformazioni. Con una singolare continuità
di funzioni, il Teatro Grande sorge nello stesso luogo
dove si aprì il primo teatro pubblico di Brescia
nel 1664.
Originariamente delimitata dalle mura meridionali della
cittadella (sec. XIV/XV), l'area del Teatro fu concessa
dalla Repubblica di Venezia all'Accademia degli Erranti
che, nel 1643, vi edificò la propria sede ad opera
degli architetti Avanzo.
Costituitasi nel primo decennio del XVII secolo, l'Accademia
riuniva la nobiltà cittadina:oltre al'attività
equestre ed alla scherma, si svolgevano lezioni di matematica,
di morale e di ballo; con cadenza pressochè annuale,
gli accademici dedicavano una solenne cerimonia ai Podestà
veneti con componimenti musicali e poetici. Il palazzo
accademico era composto dalla vasta sala superiore, raggiunta
da un maestoso scalone, e dal portico terreno della cavallerizza
che nel 1664 e nel 1710 fu adattato a teatro.
Del palazzo seicentesco rimane la facciata, ripartita
dai tre finestroni, prospiciente corso Zanardelli (l'antico
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Mercato del Vino);
nel 1780 si aggiunse il portico realizzato dagli architetti
Antonio Vigliani e Gaspare Turbini.
L'ampia scalinata sottostante conduce all'ingresso principale
del Teatro: al portale seicentesco si affiancano due aperture
minori del 1745 circa. La scalinata prosegue all'interno dell'atrio,
decorato nel 1914 dal pittore bresciano Gaetano Cresseri con
due grandi affreschi monocromi (la Tragedia e la Commedia).
Alla sommità della scalinata tre portali settecenteschi
introducono nella Sala delle Statue che, coperta dalla grande
volta del XVIII secolo, fu definita nel suo assetto attuale
da Girolamo Magnani nel 1863: sopra la balaustra si evidenziano
le statue, in gesso e tela, opera di Giuseppe Luzziardi; alle
pareti laterali sono collocati i busti del commediografo bresciano
Girolamo Rovetta e di Giuseppe Verdi, eseguiti rispettivamente
da Leonardo Bistolfi (1911) e da Domenico Ghidoni (1901).
Dalla Sala delle Statue, per un successivo vestibolo, si accede
al Ridotto e, volgendo a sinistra alla sala teatrale.
Il Ridotto fu realizzato tra il 1760 ed il 1769 dall'Architetto
Antonio Marchetti quale sala accademica degli Erranti, in sostituzione
della precedente demolita nel 1739. Nonostante gli interventi
decorativi dovuti al "restauro" effettuato da Antonio
Tagliaferri nel 1894 (aggiunta delle specchiere, dei putti in
gesso di Francesco Gusneri e delle statue affrescate di Bortolo
Schermini), il salone rimane tra le più interessanti
realizzazioni del Settecento bresciano per la particolarissima
struttura architettonica a logge e per la decorazione affrescata.
Nella parte superiore si apre lo "sfondato" mistilineo,
oltre il quale si estende il vasto cielo dipinto dal veneziano
Francesco Zugno: le figure allegoriche dell'Accademia e della
Pace introducono alla celebrazione delle Arti e delle Scienze.
Allo stesso pittore si devono i personaggi, a grandezza naturale
ed in abiti contemporanei, che animano le finte logge con incontri
galanti e conversazioni. Le decorazioni di tipo architettonico
sono opera di Francesco Battaglioli, comprese le variatissime
"rocailles", imitanti lo stucco, che circondano lo
sfondato. Dal Ridotto si accede alla caffetteria, in origine
sede della "Reggenza" dell'Accademia, dove recenti
restauri hanno scoperto l'ornamentazione eseguita nel 1787 da
Francesco Tellaroli; accanto si trova la saletta neoclassica
interamente affrescata nel 1811 dal bresciano Giuseppe Teosa
con raffigurazioni allusive al gioco d'azzardo, qui praticato
in età napoleonica.
Dal Ridotto, ripassando per un breve corridoio affrescato già
appartenente alla stessa sala, si giunge alla Rotondina che
introduce alle scale dei palchi ed alla platea della sala teatrale.
Questa parte dell'edificio sorge sull'area che gli accademici
utilizzavano come maneggio, quindi occupata, nel 1735, dal teatro
impostato da Antonio Righini e realizzzato da Antonio Cugini,
due noti scenografi ed architetti teatrali dell'ambito dei Bibiena;
demolita nel 1809 la sala presentava una pianta a U con cinque
file di palchi digradanti verso il boccascena.
L'attuale sala, della tipica conformazione "a ferro di
cavallo", fu progettata dall'architetto milanese Luigi
Canonica ed inaugurata nel 1810 con un grande spettacolo operisitico
musicato per l'occasione da Simone Mayr. L'originaria decorazione
neoclassica eseguita da Giuseppe Teosa, con allegorie ispirate
alle vittorie di Napoleone, fu sostituita nel 1862/63 da fastosi
ornati neobarocchi; solo il palco reale conservò la raffinata
ornamentazione originaria, compresa la sovraporta con l'allegaoria
della Notte dipinta da Domenico Vantini. La trasformazione fu
attuata dallo scenografo parmigiano Girolamo Magnani, autore
dei monocromi inseriti nei parapetti dei palchi e nel soffitto
della platea. Ancora nel soffitto si osservano pure i gruppi
allegorici della Danza, della Commedia, della Tragedia e della
Musica affrescati da Luigi Campini. Un certo interesse rivestono
inoltre sia lo spazio del palcoscenico, che ancora conserva
parte della struttura ottocentesca, sia il cosidetto "soffittone",
grande ambiente un un tempo destinato alla preparazione delle
scene dipinte. |
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