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Cessato il pericolo esterno si andò configurando uno scenario
di guerra civile che vide opporsi il popolo alla nobiltà
e i guelfi ai ghibellini; tutto il XIII secolo fu caratterizzato
da queste lotte intestine.
L'epoca comunale era ormai in netta decadenza e questo portò
ad una situazione di anarchia tale per cui il governo delle città
veniva assunto con la forza dai principi o dai signori di turno.
Tebaldo Brusato, il capo della parte guelfa, affidò
per calmare le acque il governo di Brescia a Berardo Maggi,
un vescovo particolarmente gradito ad entrambe le fazioni. Nonostante
un giuramento di pace le legasse, le rivalità ripresero presto
e Tebaldo Brusato con tutti i suoi venne esiliato.
Morto Berardo nel 1308 Tebaldo riuscì a rientrare dall'esilio
mentre la città veniva governata da un vicario imperiale
appoggiato dai ghibellini. I guelfi si rivoltarono e conferirono
il comando a Tebaldo ma questi fu raggiunto e catturato (1311)
dalle forze dell'imperatore (Enrico VII di Lussemburgo) che
avevano nel frattempo stretto d'assedio la città. L'eroe
guelfo fu quindi messo a morte. I Bresciani, dopo qualche mese di
una strenua resistenza, furono costretti ad arrendersi; i due anni
successivi furono caratterizzati da una tremenda pestilenza che
avvilì gli spiriti e i desideri libertari del popolo bresciano.
Successivamente la città conobbe un altro giogo, quello
dei Visconti. A questi i Bresciani si ribellarono a causa
della troppo pesante pressione fiscale esercitata da Filippo
Maria Visconti e per potersi degnamente opporre al loro potere
presero accordi con Venezia. Ad essa offrirono la città in
cambio della protezione della serenissima. La battaglia di Maclodio
del 12 ottobre del 1427 segnò la definitiva sconfitta dei
milanesi che vennero qui battuti dal Carmagnola, famoso condottiero
passato dalla parte di Milano a quella della Repubblica Veneta.
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